Per attività agrituristiche si intendono esclusivamente le attività di ricezione ed ospitalità esercitate in azienda dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone oppure associati fra loro, in rapporto di connessione con le attività agricole di coltivazione, allevamento e silvicoltura. Rientrano nell’agriturismo e sono assoggettate alle prescrizioni di cui alla presente legge le seguenti attività, anche se svolte disgiuntamente:
a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti attrezzati destinati alla sosta;
b) somministrare pasti e bevande;
c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali trasformati in prodotti enogastronomici ivi inclusa la mescita dei vini;
d) organizzare attività ricreative, culturali, sociali, didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, anche in convenzione con enti pubblici, finalizzate alla valorizzazione del territorio, delle attività e del patrimonio rurale.
La connessione dell’attività agrituristica rispetto a quella agricola, che deve rimanere prevalente, viene calcolata in tempo di lavoro. Il carattere di prevalenza si intende realizzato quando le giornate di lavoro da impiegare nell’attività agricola sono superiori a quelle calcolate per svolgere l’attività agrituristica. La determinazione delle giornate di lavoro deve tener conto di situazioni di particolare disagio operativo in relazione alle caratteristiche del territorio e alle condizioni socio-economiche della zona, nonché delle tecniche colturali adottate stabilmente dall’imprenditore agricolo.
L’ospitalità è ammessa nei fabbricati adibiti all’attività agrituristica e negli spazi aperti, entro i limiti, rispettivamente di numero di camere ammobiliate e di piazzole, stabiliti dall’art. 5 della legge regionale 4/2009. L'alloggio offerto può essere strutturato liberamente dall'operatore agrituristico in funzione del servizio che intende offrire: camere, mini appartamenti, unità abitative autonome, camerate, ed altre tipologie purché siano realizzate nel rispetto delle norme vigenti ed in particolare di quelle urbanistiche ed igienico-sanitarie.
Gli spazi aperti devono essere organizzati in piazzole per la sosta di tende, camper od altre attrezzature da campeggio e devono essere dotati di servizi minimi previsti
L’attività di somministrazione di pasti e bevande all’interno dell’impresa agrituristica è ammessa nei limiti determinati dalla disponibilità della materia prima agricola aziendale, dalla idoneità sanitaria dei locali utilizzati e comunque per un volume non superiore alla media di 50 pasti giornalieri su base mensile e comunque a 1/12 dei pasti annuali autorizzati. Il pasto e le bevande offerti al pubblico devono essere espressione e valorizzazione delle tradizioni enogastronomiche tipiche locali e della cultura alimentare dell’Emilia-Romagna.
Nella somministrazione di pasti e bevande possono essere impiegate le seguenti tipologie di prodotto: prodotti propri dell’azienda agricola e prodotti ricavati da materie prime dell’azienda anche attraverso lavorazioni effettuate da terzi prodotti regionali con marchio DOP, IGP, IGT, DOC, DOCG, QC e tipici regionali inseriti nell’apposito Albo ministeriale, prodotti biologici regionali acquistati da aziende agricole del territorio regionale o loro consorzi, nonché prodotti di altre aziende agricole regionali acquistati direttamente dai produttori, con preferenza a quelli della zona, o da loro strutture collettive di trasformazione e commercializzazione.
I prodotti propri devono rappresentare, in valore, almeno il 35% del prodotto totale annuo utilizzato. Tale percentuale è ridotta al 25% per le aziende situate nel territorio ricompreso in Comunità montane o in Unioni di Comuni montani.
La somma dei prodotti elencati sopra, deve essere superiore, in valore, all’80% del prodotto totale annuo utilizzato. La rimanente quota di prodotto deve provenire preferibilmente e per quanto possibile da artigiani alimentari della zona e riferirsi a produzioni agricole regionali.
L’attività di somministrazione di alimenti e bevande e di vendita di generi alimentari è soggetta a un obbligo di registrazione presso il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL competente per territorio. Si tratta di un adempimento imposto dalla disciplina comunitaria sull’igiene degli alimenti e dei prodotti di origine animale (Reg. CE n. 852/2004).
La registrazione avviene a seguito dell’invio, da parte dell’operatore del settore alimentare, al SUAP competente per territorio, di una notifica attestante il possesso dei requisiti generali e specifici richiesti dalla normativa comunitaria, in relazione alla singola attività svolta. Per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande e di vendita di generi alimentari il modulo di notifica utilizzabile è quello indicato come A1.
Il DPS, al quale il SUAP inoltra telematicamente la notifica, provvede all’inserimento dell’attività nell’anagrafe delle Registrazioni ed effettua i controllo sulla completezza della notifica e sulla veridicità delle dichiarazioni ivi contenute (determinazione n. 16842 del 27 dicembre 2011 del responsabile del servizio veterinario e igiene degli alimenti della Regione Emilia- Romagna).
All’esterno dell’attività dovranno essere esposti, in modo ben visibile, i marchi identificativi dell’attività come definiti dalla Regione Emilia-Romagna. È istituita una forma specifica di agriturismo denominata ospitalità rurale familiare, che può essere svolta esclusivamente nei territori delle Comunità montane o delle Unioni di Comuni montani, nelle aree svantaggiate, naturali e protette, nelle zone siti di interesse comunitario e zone di protezione speciale. L’attività può essere esercitata solo dall’imprenditore agricolo professionale (IAP) e dai suoi familiari esclusivamente nella parte abitativa del fabbricato rurale ed è incompatibile con qualsiasi altra forma ricettiva o di ospitalità agrituristica.
L’imprenditore agricolo ha l’obbligo di mantenere la residenza nel fabbricato adibito all’attività. Nell’ambito dell’ospitalità rurale familiare la ricettività è limitata ad un massimo di 9 persone al giorno; la somministrazione dei pasti può essere effettuata solo ed esclusivamente a coloro che usufruiscono anche dell’ospitalità. I requisiti igienico-sanitari ed urbanistici sono quelli delle abitazioni rurali. Per lo svolgimento dell’attività è necessario il possesso della certificazione di conformità edilizia ed agibilità o della dichiarazione di conformità di un professionista abilitato. Per gli operatori che svolgono l’attività di ospitalità rurale familiare è prevista specifica annotazione nell’elenco degli operatori agrituristici. Le attività di ospitalità rurale familiare devono fregiarsi di un ulteriore apposito logo predisposto ed approvato dalla Regione.
Abilitazione all’esercizio dell’attività
Gli imprenditori agricoli che intendono svolgere attività agrituristica devono ottenere l’abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica e una certificazione relativa al rapporto di connessione dell’attività agrituristica con l’attività agricola. L’abilitazione viene rilasciata agli imprenditori agricoli provvisti di attestato di frequenza ai corsi per operatore agrituristico, che dimostrano di non essere in una delle condizioni considerate ostative al rilascio. Ai fini del rilascio della certificazione del rapporto di connessione, deve essere verificato ed attestato che l’attività agricola è prevalente rispetto a quella agrituristica. Il carattere della prevalenza si intende realizzato quando le giornate di lavoro da impiegare nell’attività agricola sono superiori a quelle calcolate per svolgere l’attività agrituristica.
Per l’avvio o l’esercizio dell’attività sono necessarie due tipologie di requisiti:
Requisiti soggettivi (attinenti all'impresa che gestisce l'attività - ditta individuale o società)
Requisiti oggettivi (riguardanti i locali ove l’attività viene svolta)
Con la SCIA si deve attestare, in particolare, di essere in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla normativa vigente, pena il divieto di prosecuzione dell'attività medesima. Qualora la SCIA sia stata presentata al registro imprese della CCIAA territorialmente competente, contestualmente alla comunicazione unica, il registro delle imprese trasmette immediatamente la SCIA al SUAP per il controllo sull’attività.
La SCIA viene trasmessa all'ufficio comunale competente per il controllo, per quanto di rispettiva competenza. Il Comune, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti legittimanti l'avvio dell'attività, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni.
E' fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci, l'amministrazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo. Decorso inutilmente tale termine per l'adozione dei provvedimenti, all'amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente.
L'avvio dell’attività è immediato, al rilascio della ricevuta del SUAP. L’esercizio dell’attività è subordinato all’osservanza della conformità dei locali rispetto alle norme edilizie, urbanistiche e igienico-sanitarie, nonché alle disposizioni relative alla prevenzione incendi e a quelle in materia di pubblica sicurezza dei locali.
La segnalazione è unica per tutte le attività agrituristiche svolte. Per le attività sociali si fa riferimento, invece, alla specifica disciplina prevista dalla normativa regionale o nazionale. Alla Segnalazione certificata di inizio attività devono essere allegati i documenti di cui al comma 2 dell'art. 10 della L.R.n. 4/2009. In particolare, dovrà essere fornita la descrizione di tutta l'azienda agricola, la descrizione dettagliata della struttura e degli spazi esterni destinati all'agriturismo, mettendo in evidenza le singole destinazioni dei locali compresi quelli (per esempio le abitazioni dell'imprenditore) che non vengono utilizzati per l'attività, ma rimangono ad uso esclusivo privato.
Le planimetrie dei locali per la lavorazione, trasformazione, somministrazione e/o immagazzinamento di prodotti alimentari dovranno essere corredate dall'indicazione dell'attrezzatura presente e/o prevista.
Per ogni locale dovrà essere riportata la superficie netta e l'eventuale indicazione delle potenzialità di utilizzo: posti letto per camera, posti a sedere per sale ristorazione o spazi da dedicare alla somministrazione pasti, persone massime ospitabili nelle sale pluriuso, possibili utilizzi delle sale pluriuso, indicazione delle lavorazioni effettuabili nei laboratori pluriuso in funzione dell'attrezzatura indicata.
I dati riportati devono essere coerenti con quelli indicati nella notifica sanitaria.
Gli spazi esterni dedicati alla somministrazione pasti dovranno essere esattamente indicati e deve essere specificato se sono utilizzati in alternativa a quelli presenti nei locali chiusi o in aggiunta.
Le variazioni delle attività agrituristiche devono essere segnalate al Comune entro 15 giorni dalla data del loro primo svolgimento. Rimane di esclusiva responsabilità dell'imprenditore l'obbligo di svolgere, anche nel periodo antecedente la segnalazione, tutte le attività nel rispetto di ogni requisito od adempimento di legge.
Non previsti, fatta salva la diversa regolamentazione comunale, che potrebbe prevedere oneri istruttori.
I controlli sulle attività sono svolti dalla Polizia locale.
AZIONE DI ANNULLAMENTO di un PROVVEDIMENTO ESPRESSO
L'azione di annullamento consiste nell'impugnazione di un provvedimento amministrativo (es. una autorizzazione) innanzi al giudice amministrativo (ossia, il TAR competente) al fine di ottenerne l'annullamento. Il termine per proporre l'azione di annullamento è, a pena di decadenza, di 60 giorni. Questo termine decadenziale decorre:
AZIONE DI ANNULLAMENTO avverso il SILENZIO-ASSENSO
L'azione di annullamento si presenta, sostanzialmente invariata, anche nel caso in cui sia contestato non un provvedimento espresso, bensì il silenzio-assenso della PA: difatti, gli effetti del silenzio-assenso, assimilabili a quelli di un provvedimento che accoglie l'istanza del privato, possono illegittimamente pregiudicare gli interessi di terzi. Il silenzio-assenso, come eccezione alla regola del provvedimento espresso, si viene a formare solo nei casi in cui vi sia una norma che lo prevede espressamente: in questi casi tassativi, l'inerzia della PA, protrattasi oltre al termine di conclusione del procedimento, si risolve nell'accoglimento dell'istanza del privato. Il termine, dunque, per proporre un'azione di annullamento avverso il silenzio-assenso di una PA è sempre di 60 giorni.
AZIONE avverso il SILENZIO INADEMPIMENTO
Il silenzio inadempimento è la situazione che si verifica quando un'amministrazione, nel termine individuato dalla legge, non abbia assunto alcun provvedimento e sia rimasta inerte.
L'azione avverso il silenzio inadempimento della PA può essere proposta, innanzi al TAR, finchè l'amministrazione omette di provvedere, e comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine indicato dalla legge per la conclusione del procedimento. Il giudice, se accoglie il ricorso, ordina alla PA di provvedere entro un termine congruo, normalmente non superiore ai 30 giorni.
L'ordine di provvedere che il giudice impartisce alla PA una volta accolto il ricorso avverso il silenzio inadempimento, può essere di due tipi:
SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA'
(Le riflessioni svolte in materia di SCIA valgono anche in riferimento alla dichiarazione di inizio attività (DIA); tuttavia, quest'ultimo istituto è stato, nel tempo, ridotto a un numero sempre più limitato di procedimenti al fine di giungere ad un suo totale superamento)
La SCIA permette al privato di iniziare l'attività al momento della segnalazione e la pubblica amministrazione competente ha un termine di 60 giorni (30 in materia edilizia) per verificare che l'attività segnalata sia conforme alla normativa vigente. A norma del co. 6-ter dell'art. 19 della L. 241/1990 sul procedimento amministrativo, la SCIA non equivale a un provvedimento tacito, ma si configura come una mera dichiarazione di scienza del privato alla pubblica amministrazione in merito all'inizio di una attività. Questo punto è importante per la tutela del terzo, poichè il terzo, pregiudicato dall'attività segnalata potrà scegliere fra due opzioni:
Per reperire la normativa relativa si può consultare il sito "Normattiva".
QUESTA SCHEDA E' IN FASE DI AGGIORNAMENTO. La riforma di ampio respiro della Pubblica Amministrazione inaugurata con la L. 124/2015 - c.d. Madia - e, di conseguenza, i numerosi interventi a livello di normativa regionale, hanno inciso sotto vari profili anche su diverse delle attività presenti sulle schede vademecum.
Attualmente, stiamo procedendo all'aggiornamento di ogni singola scheda, pertanto, invitiamo l'utenza a rivolgersi al Suap territorialmente competente per appurare l'eventuale sussistenza di ulteriori - o diversi - adempimenti al fine di avviare/modificare/cessare l'attività di interesse.