Preceduto dalla Legge 30 aprile 1999 n. 120, che porta il mandato a cinque anni, il processo riformatore prosegue con la L. 3 agosto 1999, n. 265 in cui vengono sottolineati il rapporto di equa ordinazione fra i soggetti istituzionali che compongono l'ordinamento generale, la sussidiarietà verticale nei confronti dei cittadini e delle loro forme di organizzazione, e i principi di autonomia statutaria, normativa, organizzativa, impositiva e finanziaria.
Mediante l'art. 31 della L. 265/99 il legislatore incaricava il Governo di elaborare una legge generale che riunisse coerentemente tutte le disposizioni in materia. Il decreto legislativo 267/2000 rappresenta il risultato di questa ricognizione, analisi, riformulazione e coordinamento delle varie fonti legislative. I testi legislativi selezionati non sono meramente compilati, ma innovati nei termini necessari a facilitare l'applicazione delle leggi preesistenti, eliminando duplicazioni, sovrapposizioni, contraddizioni. Inoltre, tiene conto delle sentenze della Corte costituzionale e degli orientamenti della giurisprudenza ordinaria e amministrativa su aspetti particolarmente problematici. E' un intervento normativo che per complessità e ampiezza è assimilabile a quello svolto per i testi unici del 1915 e del 1934; una legge generale della Repubblica posta a garanzia, più che a limitazione, dell'autonomia locale. Si compone di duecentosettantasette articoli e di quattro parti: la prima, in cui si recepiscono molte norme della Legge 142/90 coordinate con la L. 59/97 e il Decreto legislativo 112/98, tende alla valorizzazione delle varie forme di autonomia riconosciute agli Enti locali; la seconda, sull'ordinamento finanziario e contabile, eredita parte delle disposizioni del D.lgs. 77/95; la terza disciplina le forme associative; la quarta contiene le norme e l'elenco delle leggi espunte in tutto o in parte dall'ordinamento. Nel tempo tale normativa si è modificata alla luce di talune previsioni introdotte dalle annuali Leggi finanziarie.
Rimane ancora irrisolta la questione dell'organica attuazione della successiva riforma costituzionale del 2001 - la revisione del titolo V - che avrebbe dovuto potenziare ulteriormente il ruolo della provincia. Apparentemente la funzione della provincia sono meno impalpabili che in passato: anzi, per molti versi questi enti territoriali sono diventati lo snodo istituzionale indispensabile soprattutto per i servizi locali a rete e per le funzioni di area vasta, da abbinare a compiti di programmazione socio-economica e di pianificazione territoriale e ambientale, che complessivamente qualificano la provincia come un soggetto di specifica e necessaria valenza istituzionale. Fermo restando, naturalmente, che l'assetto delle funzioni provinciali non è sempre omogeneo, essendovi situazioni di diverso tipo a seconda dei contesti regionali considerati, stanti le diverse velocità e propensioni dei legislatori regionali a trasferire o delegare le funzioni in attuazione e coerenza con le riforme suddette.
Con la revisione costituzionale del 2001 si sono ulteriormente rafforzati i principi normativi del policentrismo autonomistico già sancito nel 1948 su tre livelli istituzionali. In questo contesto la provincia ha ottenuto pari dignità istituzionale rispetto ai comuni e alle regioni, configurandosi come comunità territoriale: il che rappresenta un dato oggettivo e non artificiale, ossia legato ad un substrato socio-politico di appartenenza collettiva unitaria, con una precisa identità "riconosciuto" in base anzitutto al principio fondamentale dell'art. 5 della Costituzione.
In questo scenario - è il dibattito di questi anni e di questi mesi - risultano strategiche oltreché l'individuazione e la certezza delle risorse, le funzioni riconosciute per le quali deve valere la distinzione costituzionale fra quelle fondamentali, quelle proprie, quelle ulteriormente attribuite dal legislatore statale o regionale, ferma restando la possibilità di autoassunzione di funzioni "libere", ossia non istituzionalmente attribuite ad altro soggetto del sistema. Puntualizzando sul piano legislativo, in una chiave di forte potenziamento coerente con i principi costituzionali sanciti nell'art. 118, anche le funzioni provinciali di area vasta, in attuazione effettiva di quanto previsto dalla lett. p) del secondo comma art. 117 Cost..
E' stato osservato che le funzioni provinciali appaiono spesso misconosciute anche da chi prende posizione critica sull'utilità dell'Ente, magari in una prospettiva di malintesa semplificazione del sistema istituzionale, in cui oltretutto non si tiene conto adeguato delle sorti delle molte funzioni e servizi di area vasta che dovrebbero essere riallocati in capo ad altri soggetti, ove si volesse procedere alla soppressione della provincia. A parte ovviamente ogni considerazione sull'esigenza di valorizzare il più possibile e dare effettività al principio autonomistico coniugato con quello di sussidiarietà, che qualificano in modo specifico la Costituzione repubblicana e richiedono che le funzioni (specie amministrative) siano decentrate al livello territoriale appropriato in ragione sia delle esigenze dei cittadini che della possibilità di operare adeguate scelte di governo e di gestione operativa.