Il sistema economico metropolitano ha dimostrato di avere gli anticorpi per superare crisi e difficoltà e rafforzare la propria capacità competitiva. Transizione digitale, conoscenza e nuove catene del valore sono al centro delle trasformazioni in atto.
Tuttavia, la Bologna dell’innovazione vede l’emergere di nuove contraddizioni e l’acuirsi di problemi sociali che ancora non trovano risposta. Serve quindi una rinnovata alleanza tra istituzioni, imprese e lavoro, per guidare lo slancio produttivo.
Per tutto questo, Città metropolitana e Regione Emilia-Romagna hanno promosso gli Stati generali dell’Industria bolognese, quale momento di confronto fondamentale per disegnare - uniti - un ecosistema che generi valore e insieme lavoro dignitoso.
Durante l’incontro di venerdì 2 febbraio (Auditorium Biagi di Salaborsa), a cui hanno partecipato istituzioni, imprese, associazioni di categoria e sigle sindacali, sono stati affrontati diversi temi, tra cui:
· la ridefinizione delle catene del valore di fronte alle sfide della competitività, della transizione digitale e ambientale, delle esigenze del mercato globale;
· il ruolo del lavoro come motore di sviluppo, in un contesto di polarizzazione fra alte e basse professionalità, di digitalizzazione delle funzioni produttive, di rischio di perdita di qualità del lavoro in alcuni settori;
· le nuove frontiere dell’innovazione nella città del Tecnopolo Manifattura, e le sfide delle transizioni, dell’attrattività, della formazione;
· il lavoro dignitoso come strumento di vita libera, per fornire gli strumenti necessari ad un’esistenza serena, a partire dalle necessità abitative.
Dal confronto tra gli addetti ai lavori sono giunte alcune conferme, supportate anche da diverse analisi: innanzitutto l’importanza del settore manifatturiero per la competitività e lo sviluppo del nostro territorio. Inoltre, la complessiva tenuta dal punto di vista occupazionale e la presenza di comparti di rilevanza strategica, hanno dimostrato una grande capacità di risposta ai cambiamenti, non solo in termini di resilienza, ma anche di traiettorie di crescita e di innovazione dei modelli di impresa e di filiera.
Tuttavia, la solida ripresa dopo l’emergenza sanitaria è caratterizzata dall’acuirsi di nuove contraddizioni. Ad un tasso di disoccupazione vicino alla soglia strutturale e alla ricerca costante da parte delle imprese dell’industria bolognese di lavoratori qualificati, si contrappone la crescita del cosiddetto lavoro povero, in particolare nei servizi. In generale la perdita del potere d’acquisto e il livello dei salari fa emergere il tema sociale legato in particolare al tema abitativo.
Ma chi sono i “lavoratori poveri”? E com’è possibile che questi due termini camminino insieme, anche a Bologna? Per lavoratore povero (in-work poor) si intende il soggetto occupato per almeno sette mesi su dodici, il cui nucleo familiare ha un reddito inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. Queste famiglie in Italia erano il 24,9% del totale nel 2014, sono diventate il 26,4% nel 2021.
Stando a una recente ricerca delle Acli basata sui dati del proprio CAF, il 14,9%, dei lavoratori ha un reddito inferiore o pari a 9.000 euro. In Emilia-Romagna, secondo Ires, il 18,9% dei lavoratori percepisce meno di 10 mila euro l’anno, e quasi il 30% sta sotto i 15mila. Ristorazione, commercio, assistenza sanitaria e servizi alla persona sono tra i settori più colpiti.
Dal 2019 ad oggi più di 4.500 nuclei familiari hanno avviato il percorso di attivazione del reddito di cittadinanza nel solo Comune di Bologna. Fra di loro, stando alle percentuali nazionali, ci sono circa 700 lavoratori poveri. A Bologna, sempre secondo Ires, nel 2022 c’erano quasi 48.000 lavoratori a termine: per l’80% si è trattato di un tempo determinato involontario. Nello stesso anno 28.700 lavoratori e lavoratrici avevano un lavoro con part-time involontario: una situazione troppo diffusa di disagio occupazionale. Fenomeni come il lavoro spezzettato nei servizi o il gender gap che penalizza il salario delle donne aggravano il problema.
Nell’ultimo biennio cresce l’occupazione ma diminuiscono le ore lavorate in quasi tutti i settori produttivi. Secondo l’Istat, i lavoratori e le lavoratrici italiani guadagnano circa 3.700 euro l'anno in meno della media dei colleghi europei e oltre 8 mila euro in meno della media di quelli tedeschi. Il potere di acquisto delle retribuzioni, negli stessi anni, è sceso del 2% in Italia, mentre è salito del 2,5% negli altri paesi.
Una riflessione sull’importanza di tenere insieme sviluppo economico e spirito di comunità per affrontare insieme - come è accaduto nelle pagine migliori della storia di Bologna - le sfide sociali, sanitarie, educative, è stato il filo conduttore dello speech del prof. Franco Mosconi dell’Università di Parma.
Il sindaco metropolitano di Bologna Matteo Lepore, tra i promotori dell’evento, ha così commentato:
“Un paio di mesi fa, nella piazza coperta di Salaborsa abbiamo accolto gli striscioni che testimoniano la lotta di lavoratrici e lavoratori per la continuità produttiva di aziende manifatturiere che hanno fatto la storia dell’industria bolognese. Penso a La Perla, Magneti Marelli, Industria italiana Autobus (ex Bredamenarini Bus), Versuni (ex Saeco). In quella sede ci siamo detti che le crisi presenti sul nostro territorio, che stiamo accompagnando in modo attivo nella ricerca di possibili soluzioni, non mettono in discussione la capacità del nostro sistema produttivo - che rimane dinamico e reattivo - di rafforzare la propria capacità competitiva. Per questo abbiamo pensato che fosse il momento di costruire assieme un momento di confronto sulla nostra manifattura, sulle trasformazioni in atto e sul legame con il contesto territoriale. Da quell’intento è nata questa giornata.
Bologna corre veloce ed è un bene, ma non possiamo dimenticare dalle nostre parti la povertà di chi fatica ad arrivare alla fine del mese. L’invito è a guardare presente e futuro promuovendo una collaborazione territoriale tra istituzioni, mondo delle imprese e del lavoro, per costruire azioni concrete sul tema dell'abitare. Si tratta di un diritto fondamentale riconosciuto dalla nostra Costituzione.
Vorrei che dalla giornata di oggi prendesse vita un Tavolo per il lavoro e l’abitare in cui imprese, mondo della cooperazione, organizzazioni sindacali, Chiesa di Bologna e tutte le forze sociali che vorranno partecipare potessero avviare un lavoro comune di confronto e sperimentazione, in grado di dare vita a interventi concreti, affinché lo sviluppo industriale di Bologna metropolitana possa contare su lavoratrici e lavoratori a cui, come reclama l’art.36 della nostra Costituzione, venga assicurata “un'esistenza libera e dignitosa”.
L’assessore regionale Vincenzo Colla, impegnato direttamente nella gestione dei tavoli di crisi che interessano le nostre imprese e nello sviluppo dell’ecosistema regionale dell’innovazione, ha portato il suo contributo al dibattito, individuando come nella qualità delle relazioni tra istituzioni, imprese, associazioni di categoria e sindacati, che caratterizzano il tessuto emiliano-romagnolo, risieda uno dei principali fattori di successo del nostro sistema territoriale dell’imprenditoria locale.
“Urge un grande progetto di economia sociale che faccia da ricucitura per la comunità – è la sollecitazione dell’assessore regionale -. Oggi, infatti, non regge più solo il dualismo storico fra Stato e Mercato, ma è necessario riconoscere che c’è un terzo pilastro che si chiama Comunità. Serve una nuova cultura che permetta di rafforzare Industria 4.0 ma anche di costituire Società 4.0, rafforzando l’ecosistema economico di qualità mettendo al centro benessere, aspettative e dignità dell’individuo come fattore fondamentale di tenuta per il futuro dei nostri territori”.