Ritrovarsi a Marzabotto e a Monte Sole ogni anno, da 60 anni, per ricordare le vittime di quell'orrenda strage ha sempre avuto un significato che va oltre la memoria di quegli avvenimenti. Da qui negli anni passati tante volte sono partiti messaggi forti di speranza per l'Italia e il mondo intero. La cerimonia del 3 ottobre non rappresenta quindi un gesto meccanico o che ha perso senso e vigore ma piuttosto un'occasione per rafforzare una memoria collettiva che nel corso dei decenni si è immersa nelle diverse vicende della storia.
Già nei primi anni del dopoguerra Marzabotto è divenuto il simbolo del martirio della popolazione italiana durante l'occupazione nazista. Da qui più volte si è levata la voce prima contro il riarmo, nelle fasi più delicate della "guerra fredda", e poi contro le guerre che in questi decenni hanno insanguinato il mondo.
In questo 60° anniversario credo che da qui debba alzarsi forte la voce, rinvigorita dalla gioia per la liberazione delle "due Simone", per dire basta alla guerra, basta alle vittime innocenti. Ma il nostro no alla guerra per essere forte e credibile deve accompagnarsi a gesti concreti, deve accompagnarsi ad un modo diverso di vivere per ciascuno di noi, per le nostre comunità. La pace dobbiamo costruirla attraverso azioni quotidiane a Marzabotto, a Bologna, nella nostra provincia.