Oppenheim Meret

Luogo di nascita: Berlino

 

Data di nascita: 6 ottobre 1913

 

Luogo di morte: Basilea

 

Data di morte: 15 novembre 1985

 

Ambito di attività: scultura – installazione (surrealismo)

 

Ambito geografico di appartenenza: Francia – Svizzera


Qualifica: Artista

 

Periodo: XX e XXI secolo

 

 
 
Bibliografia

- A. Pieyre de Mandiargues, Meret Oppenheim, catalogo della mostra alla Galleria Schwarz di Milano, 16-30 novembre 1960

- M. Jean, Meret Oppenheim, catalogo della mostra alla Galleria La Medusa di Roma, dal 19 giugno 1969

- Meret Oppenheim, catalogo della mostra alla Galleria Il Fauno di Torino, 20 ottobre - 8 novembre 1970

- M. Henry, Antologia grafica del surrealismo, Gabriele Mazzotta Editore, Milano 1972

- I. Gianelli, Meret Oppenheim, catalogo della mostra a Genova, 6-31 ottobre 1983; a Milano, 28 febbraio - 30 marzo 1984; a Napoli, 15 maggio - 15 giugno 1984, Alinari, Firenze 1983

- C. Meyer-Thoss, Meret Oppenheim. Book of ideas. Early drawings and sketches for fashions, jewerly, and designs, Gachnang & Springer, Berna 1996

- M. Oppenheim, Poesie e disegni, Empiria, Roma 1997

- M. Corgnati, Meret Oppenheim, catalogo della mostra alla Galleria del Gruppo Credito Valtellinese "Refettorio delle Stelline" di Milano, 26 novembre 1998 - 30 gennaio 1999, Skira, Milano 1998

- M. Oppenheim, Sogni. Appunti 1928-1985, Empiria, Roma 2001

- S. Baur, Meret Oppenheim, catalogo della mostra alla Galerie Carzaniga di Basilea, 29 settembre 2007 - 12 gennaio 2008

- M. G. Di Monte, Meret Oppenheim. Idee, sperimentazioni, visioni, Carocci, Roma 2011

- M. Corgnati, Meret Oppenheim. Afferrare la vita per la coda, Johan & Levi, Milano 2014

- V. Vituzzi, Meret Oppenheim. Afferrare la vita per la coda, in «Doppiozero», 23 luglio 2015

- G. Comis, M. G. Di Monte, Meret Oppenheim. Opere in dialogo da Max Ernst a Mona Hatoum, catalogo della mostra al Museo d'arte della Svizzera italiana di Lugano, 12 febbraio - 28 maggio 2017, Skira, Milano 2017

- B. Cerrina Feroni, Meret Oppenheim a Lugano: l'antixconformista e i suoi compagni di strada, in «Artedossier», n. 342, aprile 2017, Giunti, Firenze 2017, pp. 26-31

- P. Fischer, J. Schallberger, Surrealismo Svizzera, catalogo della mostra al Aargauer Kunsthaus di Aarau, 1° settembre 2018 - 2 gennaio 2019; al Museo d'arte della Svizzera italiana (MASI) di Lugano, 10 febbraio - 16 giugno 2019, Snoeck, 2018

- N. Dupêcher, A. Umland N. Zimmer, Meret Oppenheim. My exhibition, catalogo della mostra tenuta al Kunstmuseum di Berna, 22 ottobre 2021 - 13 febbraio 2022; al The Menil Collection di Houston, 25 marzo - 18 settembre 2022; al Museum of Modern Art di New York, 30 ottobre 2022 - 4 marzo 2023, The Museum of Modern Art, New York 2021

 
Biografia

Meret Oppenheim nasce a Berlino nel 1913 da una famiglia borghese. Trascorre la propria infanzia nel Giura svizzero, patria della madre, a contatto con il mondo dell'arte – la sorella della madre, Ruth, era pittrice e sposò prima Hermann Hesse e successivamente l'attore Erich Hausmann. Riceve un’ottima formazione e dimostra fin da subito una particolare predisposizione per la storia, il tedesco e il disegno. Sua nonna, Lisa Wenger, frequentò l’Accademia d’arte a Düsseldorf, e diventò pittrice e autrice di libri per ragazzi, e questo permise alla nipote di entrare presto in contatto con gli ambienti artistici e letterari.

A sedici anni Meret Oppenheim studia i lavori dei periodi rosa e blu di Picasso, quelli di Modigliani, l'espressionismo tedesco, la Nuova oggettività e ancora i disegni di Kubin e i dipinti di Matisse. A Basilea poi rimane particolarmente colpita da un’esposizione di dipinti di Paul Klee. In questo periodo crea quello che sarà poi definito il suo primo lavoro surrealista, la famosa equazione disegnata sulla copertina di un quaderno, dove appare X=coniglio. Il lavoro piacerà così tanto ad André Breton, teorico del Surrealismo, che lo vorrà in regalo. D’altronde «era una donna con il Surrealismo nel sangue», come affermato dalla storica dell’arte Jacqueline Burckhardt, amava la psicanalisi, le piacevano Klee, Modigliani, Matisse e il primo Picasso, era inquieta e trasgressiva: basti pensare alle fotografie che Man Ray le scattò nel 1934, nuda, davanti al torchio, o mentre leggeva a letto.

Nel 1931 lascia la scuola per trasferirsi a Basilea, dove conosce i pittori Walter Kurt Wiemken e Irène Zurkinden e l’anno seguente, con quest’ultima, si trasferisce a Parigi. Qui frequenta occasionalmente il corso di disegno di nudo all'Académie de la Grande Chaumière e produce una serie di disegni e dipinti sui quali incolla oggetti tra il figurativo e l'astratto, andati per la maggior parte dispersi. Negli stessi anni incontra alcuni artisti con idee affini alle sue, grazie ai quali conosce Hans Arp e Alberto Giacometti, da tempo impegnati nel movimento surrealista. Sarà proprio l’opera intitolata L’orecchio di Alberto (1933) a scatenare il successo di Oppenheim. Nel 1934 è invitata a esporre al Salon des Surindépendants insieme a De Chirico, Arp, Magritte, Man Ray, Miró e Kandinskij.

Il cerchio delle conoscenze fra gli artisti si allarga ed è presentata anche a Max Ernst, considerato tra i maggiori esponenti del movimento surrealista. In poco tempo conosce tutti i protagonisti del circolo che gravitava intorno ad André Breton, partecipando regolarmente alle loro mostre fino al 1937. Di quegli anni racconta: «Sì, ero solita frequentare i surrealisti. Sentivo una certa affinità con loro. Facevano riunioni che duravano moltissimo e in cui discutevano di molte cose. C’era da imparare. […] Qualche volta ho anche esposto dei miei lavori alle loro mostre. Ma la mia posizione rimaneva quella di un’umile e timida ascoltatrice. Non ero considerata né abbastanza vecchia né abbastanza esperta per confrontarmi direttamente con uno di loro». Malgrado la discriminazione che gli artisti surrealisti avevano espresso nei confronti delle donne, tentando di isolarle ed escluderle dalle esposizioni considerandole unicamente modelle o muse, Meret Oppenheim si dimostra l’eccezione che conferma la regola e nel 1936 tiene la sua prima mostra personale alla galleria Schulthess di Basilea.

Questo è un anno fondamentale per la sua carriera. Datata 1936 è infatti la celebre Colazione in pelliccia, inventata quasi per gioco e subito comprata per circa duecentocinquanta euro dal MOMA di New York. Tutto nacque casualmente un giorno al Café de Flore, noto caffè parigino e meta di ritrovo di tanti artisti, dove Oppenheim incontrò Picasso e Dora Maar. Nel corso della conversazione Picasso, osservando un braccialetto di pelliccia indossato dall’artista, le disse che «ogni cosa poteva essere ricoperta di pelliccia», e così lei replicò che «anche la tazza di tè e il suo piattino» potevano esserlo. Vero e proprio archetipo surrealista, Colazione in pelliccia, è una comunissima tazza di porcellana rivestita da un fitto manto peloso. «Oggetto della quotidianità rivisitato e manipolato in modo da diventare altro, improbabile simbolo perturbante carico di suggestioni erotiche che unisce in sé due elementi convenzionalmente inconciliabili.» (Vituzzi, 2015). Diversi sono gli oggetti che l’artista produce negli anni, come La mia governante (1936) o Lo scoiattolo (1969), in cui è evidente l'interesse verso l'oggetto comune reinterpretato a generare analogie scomode e relazioni imprevedibili. «Ogni idea nasce con la propria forma – dice Oppenheim – Io do forma alle idee come mi vengono in testa. Nessuno sa da dove vengono le idee, portano la loro forma con sé; come Atena nacque dalla testa di Zeus con elmo e armatura, le idee mi arrivano con il loro abbigliamento».

Sebbene sia nota per questi “feticci onirici”, di Meret Oppenheim «Vi si scopre una grande decisione nel tratto, un'affascinante ingenuità, una buona dose di humour e, nell'insieme, una stranezza di tipo nuovo anche all'interno della produzione surrealista.» (Henry, 1972). ​​Il rapporto di Oppenheim con il Surrealismo, infatti, fu aperto: l'artista rifiutò una militanza rigida e preferì guardare al movimento come a un luogo di dialogo e scambio di idee. Tuttavia, nella sua corriera è stata spesso costretta confrontarsi con esso e a rivendicare la propria indipendenza artistica. Riflessioni presenti anche in forma scritta nei fitti appunti che scarabocchiava, consapevole di dover chiarire la propria posizione come artista contro i ripetuti equivoci prodotti dalla sua reputazione di avvenente musa disinibita, o pedissequa allieva dei surrealisti.

Muore nel 1985, il giorno della presentazione del suo libro illustrato di poesie, “Caroline”, dedicato a Karoline von Günderode, la grande poetessa tedesca suicidatasi per amore.