Varianti del nome: Ketty La Rocca
Luogo di nascita: La Spezia
Data di nascita: 14 luglio 1938
Luogo di morte: Firenze
Data di morte: 7 febbraio 1976
Ambito di attività: poesia visiva – body art
Ambito geografico di appartenenza: centro Italia (Firenze)
Qualifica: Artista
Periodo: XX e XXI secolo
- A. Bonito Oliva, Ketty La Rocca, testo pubblicato in occasione della mostra alla Galleria della Sala di cultura del Comune di Modena, 1970
- K. La Rocca, In Principio Erat, introduzione a cura di G. Dorfles, Edizioni Centro Di, Firenze 1971
- D. Palazzoli, Ketty la Rocca, in «Data», n. 12, estate 1974, Milano
- U. Castagnotto, Le mie immagini, in «Data», n. 16-17, giugno-agosto 1975, Milano
- K. La Rocca, Le mie parole e tu? in «Flash art», n. 58-59, ottobre-novembre 1975, Milano
- Ketty La Rocca: le immagini, il linguaggio, il segno, catalogo della mostra alla Galleria Corsini di Intra, maggio-giugno 1977
- G. Pozzi, Sulle orme di Ketty La Rocca, in «Paese sera», Roma, 18 aprile 1978
- L. V. Masini, Ketty La Rocca, Edizioni Carini, Firenze 1989
- M. Bentivoglio, Ketty La Rocca, catalogo della mostra alla Fondazione Cassa di Risparmio di La Spezia, 1999
- M. Faggi, Ketty La Rocca. Dalla poesia visiva ai cartelli segnaletici: il proprio ego e la parola come significante, in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della città di San Miniato», n. 69, 2002
- L. Saccà, Ketty La Rocca, catalogo della mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma, 15 marzo - 16 aprile 2001, e al Museo di Arte Contemporanea e del Novecento di Monsummano Terme, 7 aprile - 17 giugno 2001, Pacini Editore, Pisa 2001
- V. Dehò, Poesia visiva. Gruppo 70. Omaggio a Ketty La Rocca, catalogo della mostra a Castelvetro, 2004
- K. La Rocca, I suoi scritti, a cura di L. Saccà, Martano Editore, Torino 2005
- E. Del Becaro, Intermedialità al femminile: l'opera di Ketty La Rocca, Mondadori Electa, Milano 2008
- F. Gallo, R. Perna, Ketty La Rocca. Nuovi Studi, postmedia books, Milano 2015
- R. Moratto, Ketty La Rocca, in «Flash Art», 29 luglio 2015 (leggi qui)
- C. Sylos Calò, Ketty La Rocca. Nuovi Studi, in «Doppiozero», 3 settembre 2016 (leggi qui)
- A. Stepken, You. Ketty La Rocca: works and writings 1964-1976, Revolver Publishing, Berlino 2017
- Ketty La Rocca 80: gesture, speech and word, catalogo della XVII Biennale Donna al Padiglione d'arte contemporanea delle Gallerie d'arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, 2018
- C. Iaquinta, Gestualità integrale nell’opera di Ketty La Rocca, in «archphoto», 7 giugno 2018 (leggi qui)
- R. Perna, M. Poggi, Ketty La Rocca Se io fotovivo Opere / Works 1967-1975, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2022
Gaetana La Rocca, in arte Ketty La Rocca, nasce a La Spezia nel 1938. Alla fine degli anni Cinquanta, si stabilisce a Firenze, dove si diploma in musica elettronica al Conservatorio e si avvicina alla poesia e all’arte, entrando in contatto con la neoavanguardia di Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti, Luciano Ori e Lucia Marcucci e iniziando a collaborare dal 1966 alle attività del Gruppo 70.
Femminista impegnata nella denuncia della mercificazione del corpo della donna, La Rocca è tra le artiste che più hanno sfruttato l’arte nel suo essere strumento politico e sociale, mezzo di contestazione e opposizione.
A partire dal 1964 si dedica alla sua ricerca sperimentando con il collage, interessata a esplorare le potenzialità espressive della comunicazione e alla fusione tra parola e immagine. I suoi primi lavori sono un'interpretazione ironica e trasgressiva delle immagini prodotte dai mass media, opere dedicate alla condizione femminile e all'ideologia femminista, tese a smascherare la mercificazione dell'immagine della donna. In questa serie di collage, datati 1964-65, l’artista sfida le rappresentazioni stereotipate di una società maschilista e cattolica attraverso meccanismi apparentemente nonsense. Le donne seducenti dei manifesti di La Rocca sono circondate da oggetti connessi al make-up, alla cura del corpo o della casa e sono in contrasto feroce con parole e frasi.
Dice La Rocca: «La Pop Art non ha fatto altro che enfatizzare la società che le stava intorno […]. Oldenburg cosa ha fatto? Ha fatto vedere come era la società, quindi io sto facendo vedere quali sono le piaghe.» (1974). Con queste parole l’artista non solo sottolinea la distanza che la separa dal movimento americano della pop art, ma esprime anche il suo totale dissenso nei confronti dei codici imposti dalla società dei consumi alla realtà contemporanea.
Originale e autonoma, La Rocca sceglie di combattere apertamente le imposizioni del suo tempo, percepite sulla sua pelle come persona e come donna, e di denunciare ogni tipo di oppressione. Si addentra in una ricerca sull’identità e in una critica al linguaggio, concentrandosi su questioni a sfondo politico-sociale. Denuncia non soltanto gli squilibri tra uomo e donna, ma anche quelli tra il Nord e il Sud del pianeta, ponendo sotto accusa lo spirito colonialista ed egemonico della cultura occidentale con grande lucidità e ferocia.
Lotta con fermezza e determinazione anche come artista, seppur con rammarico abbia confidato a Lucy Lippard: «Ancora, in Italia almeno, essere una donna e fare il mio lavoro è di una difficoltà incredibile.» (1975).
La Rocca si è sempre dimostrata abile nell'utilizzare e nel miscelare i più svariati media espressivi, sostenendo attivamente una politica di rinnovamento artistico-culturale. É stata pioniera di tecniche quali il videotape, l’installazione e la performance, aderendo alla body art con i suoi ultimi lavori.
Insoddisfatta di una relazione solo visiva con il linguaggio, alla fine degli anni Sessanta, approfondisce gli aspetti socioculturali di quest’ultimo come struttura dominante predeterminata da un sistema patriarcale. L’indagine si sposta quindi sulla parola, analizzata come soggetto generatore del codice comunicativo. In un processo di riduzione e rielaborazione La Rocca giunge a focalizzarsi sull'elemento base della parola, l'alfabeto, la lettera, e in questa fase crea la serie dei grandi monogrammi tridimensionali in PVC, «presenze alfabetiche» con le quali produce alcune delle più celebri installazioni, vere decontestualizzazioni della lettera, ora simbolo, ora segno.
Più tardi sentirà l’urgenza di «affrontare una dialettica più complessa, non più circoscritta alla sovversione di cliché culturali, ma rivolta all’esplorazione del sé e delle questioni intersoggettive.» (Colucci, 2020). È il 1971 quanto il suo lavoro prende una nuova direzione. L’accento si sposta sul corpo, la parola non è più presa da riviste e incollata a formare messaggi ma è scritta a mano, in un rituale intimo che valorizza l’azione e ricerca dimensioni più autentiche.
Negli anni Settanta recupera anche la gestualità come mezzo espressivo – e quindi comunicativo – originario e inizia la ricerca di In principio erat, un libro d’artista nel quale La Rocca oppone al linguaggio veicolato dalla pubblicità, dal cinema e dalla televisione, quello immediato delle mani che fotografa come fossero il soggetto di uno studio scientifico. Il libro è presentato per la prima volta alla Galleria Flori di Firenze nel 1971 e l’anno successivo alla XXXVI Biennale di Venezia nella sezione “Il libro come luogo di ricerca”, a cura di Renato Barilli e Daniela Palazzoli. In questa occasione l’artista accompagna In principio erat con Appendice per una supplica, tra i primi esempi di video arte, presentato nella sezione “Performance e videotape” a cura di Gerry Schum.
Del 1975 sono le Craniologie, un ciclo nato in seguito alla diagnosi di cancro al cervello, un’esperienza che muterà in maniera radicale la sua prospettiva di donna e di artista. In queste opere La Rocca utilizza le lastre radiografiche del proprio cranio, testimonianze della degenerazione fisica, come supporto per la sua grafia, unico mezzo per esprimere la sua necessità di comunicare, che da industrializzata torna artigianale, e la sovrapposizione di fotografie, ancora una volta, delle proprie mani. Qui però a pugni chiusi, pugni chiusi in segno di lotta, di sfida, di rivoluzione forse. Un atteggiamento fedele e coerente alla sua persona e alla sua poetica. La ripetizione ossessiva della scritta You-you e la stratificazione angosciosa degli scatti di mani o dita sono le uniche azioni che sembrano aiutarla nell’accettazione di una fine certa.
Con questi lavori, infatti, si conclude l’attività di Ketty La Rocca, scomparsa prematuramente nel 1976.