Varianti del nome: Maria Petroni
Luogo di nascita: Modena
Data di nascita: 23 gennaio 1921
Luogo di morte: Bologna
Data di morte: 30 luglio 1977
Ambito di attività: pittura (informale)
Ambito geografico di appartenenza: centro Italia (Bologna)
Qualifica: Pittrice
Periodo: XX e XXI secolo
- R. Tassi, Maria Petroni, testo pubblicato in occasione della mostra alla Galleria del Libraio di Bologna, 8-20 aprile 1961
- F. Arcangeli, Maria Petroni, testo pubblicato in occasione della mostra alla Galleria del Teatro di Parma, 13-22 dicembre 1962
- S. Ceccarini, Maria Petroni, catalogo della mostra alla Sala dei Seicento del Palazzo Re Enzo di Bologna, ottobre 1980, CLUEB, Bologna 1980
- F. Basile, Antologica a Palazzo Re Enzo. L'arcobaleno di Maria Petroni, in «Il Resto del Carlino», 10 ottobre 1980, Bologna
- R. Barilli, F. Solmi, L'informale in Italia. Mostra dedicata a Francesco Arcangeli, Milano, Mazzotta, 1983, p. 48
- L. Canella, L'informale di Giuseppe Ferrari, Maria Petroni e Andrea Raccagni, tesi di dottorato, Università di Verona, 2009
Maria Luisa Petroni nasce a Modena nel 1921 dove trascorre gran parte della sua infanzia. Il padre, ragioniere, aderì al movimento futurista ma, seppur condividendo la passione per l’arte e l’avversione verso ogni tradizionalismo della figlia, cercò inizialmente di indirizzarla verso lo studio di materie tecniche. L’artista studia quindi in un collegio della Romagna da cui però scappa spinta dalla necessità di approfondire l’intuizione artistica. Giunta a Bologna, frequenta l’Accademia privata del pittore Giuseppe Regazzi, dove ha l’occasione di conoscere Pompilio Mandelli e di seguire le sue lezioni di incisione.
Dopo un allontanamento negli anni della Seconda Guerra Mondiale, dove vive per circa quattro anni a Santa Sofia, un paesino della Romagna, rientra a Bologna e riprende gli studi artistici, facendo anche da modella per Mandelli. Successivamente si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna, indirizzo pittura – la cattedra era tenuta da Virgilio Guidi – e nel 1950, segue il maestro a Venezia. Qui, seppur per un breve periodo, frequenta gli artisti che si riunivano nel Caffè del quartiere Le Zattere.
Rientrata a Bologna apre uno studio in viale Panzacchi e riprende a seguire, con l’amico Vasco Bendini, le lezioni alla Scuola di nudo. È assidua frequentatrice della libreria Palmaverde di Roberto Roversi, cenacolo e officina letteraria bolognese nel Novecento.
Negli anni Cinquanta Maria Petroni espone i suoi lavori in diverse mostre collettive e solo nel 1961 tiene la sua prima personale alla Galleria Libraio di Bologna, presentata da Roberto Tassi. L’anno successivo è a Parma con un'altra personale alla Galleria del Teatro, curata questa volta da Francesco Arcangeli che firmò anche la presentazione del catalogo osservando come i dipinti di Petroni fossero «un’arte femminile nel senso più alto e ineluttabile del termine […], niente di passivo, soprattutto una tensione, un’intattezza, un colore alla cui fiamma molte cose si fondono e ritemprano in nuovi metalli. Tutto il processo dell’astrazione moderna, il segno, la materia, il colore, vi è riassunto con una forza concreta e unitaria d’una autentica vocazione all’arte».
Negli anni Sessanta partecipa a diverse manifestazioni, come la Biennale di Parma e la Mostra internazionale pittrici a Venezia ed è tra gli artisti selezionati per il premio della Città di Spoleto e il Premio Marche. Riceve anche alcuni riconoscimenti vincendo per due edizioni il Premio acquisto alla Mostra d’Autunno di Bologna: le opere Percorso delle immagini (1959) e Metamorfosi (1962) sono ora conservate nella Collezione del Museo di Arte Moderna di Bologna.
Il lavoro di Maria Petroni, fortemente influenzato dalla poetica dei suoi maestri, sembra essere governato da leggi proprie, fisiche e psichiche. La realtà dipinta non è compatta ma stratificata, magmatica, l’immagine trasuda dalla materia e si svela. Lei stessa aveva descritto il suo operare come un’azione di scavo archeologico: «cerco di fissare un’immagine che intravedo su schermi, come grandi macchie. Ciò comporta progredire: vedo di là altre cose, e così procedo in questo mio esplorare sotterraneo».
Dal 1966 al 1972 l’artista rallenta la sua produzione artistica a causa di una pesante malattia che causerà la sua morte all’età di cinquantasei anni. I lavori di questi anni si concentrano sulla teoria del colore e sugli effetti estetici della luce e Arcobaleno (1977), ultima sua opera, ne è un chiaro esempio: una lunga striscia di bande colorate che partendo dal bianco, attraverso i 6 colori principali, giunge al nero. Maria Petroni accompagna il dipinto con una didascalia esplicativa dove cita la Teoria dei colori di Goethe.
Nel 1980 il Comune di Bologna le dedica una retrospettiva, in collaborazione con la Galleria Comunale d'Arte Moderna, ora MAMbo, e l'Ente Bolognese Manifestazioni Artistiche. La curatela è affidata a Silvano Ceccarini che le rende omaggio raccontandola come un’artista «appartata, ma importante nel panorama artistico, non solo cittadino». Nella rassegna sono esposte 50 opere dell’artista che rivelano una poetica «dove si incrociano i modi dell’astrazione e quelli dell’informale, dove si intravede un’angoscia interiore e tutto il dolente magma del mondo che si riversa in un universo organico di colori. Vi si ritrovano gli echi di un Pollock e di Wols.» (Ceccarini, 1980).