Varianti del nome: Emmalisa Matteazzi Senin
Luogo di nascita: Este (PD)
Data di nascita: 1914
Luogo di morte: Bologna
Data di morte: 1995
Ambito di attività: pittura
Ambito geografico di appartenenza: centro Italia (Bologna)
Qualifica: Pittrice
Periodo: XX e XXI secolo
- Emmalisa Senin, pieghevole pubblicato in occasione della mostra alla Galleria l'Approdo di Bologna, 27 novembre - 8 dicembre 1982
- Emmalisa Matteazzi Senin, pieghevole pubblicato in occasione della mostra alla Galleria l'Approdo di Bologna, 15 febbraio - 7 marzo 1986
- S. Bologna, Il lavoro dell’arte. Intervista a Emmalisa Matteazzi Senin, in «Consulenza e Società», settembre-dicembre 1991 (leggi qui)
- S. Evangelisti, Emmalisa Senin. Opere su carta, presentazione della mostra alla Galleria dell’Incisione di Brescia, 7 ottobre - 7 novembre 2001, agosto 2001 (leggi qui)
- F. Lorenzi, Luci dell'idealità e degli affetti, in «Giornale di Brescia», 5 novembre 2001 (leggi qui)
- M. Corradini, Nel diario di Matteazzi il suo lessico familiare, in «Bresciaoggi», 7 novembre 2001 (leggi qui)
- S. Evangelisti, Emmalisa Matteazzi Senin, catalogo della mostra alla Galleria Del Caminetto di Bologna, Nuova Marge, Bologna 2002
- S. Evangelisti, Emmalisa Senin. I dipinti di una vita, catalogo della mostra alla Galleria Fondantico Arte+ di Bologna, 23 gennaio - 6 febbraio 2016
Emmalisa Matteazzi nasce nel 1914 in una numerosa famiglia di origine venete. Compie gli studi scolastici a Vicenza e fin da giovanissima matura una forte passione per le arti, tanto che alla domanda «Come ricorda il periodo in cui ha cominciato a dipingere?» risponde: «Io non ho mai cominciato. Il desiderio di disegnare è cresciuto contemporaneamente a me, come crescevo io cresceva lui, è sempre stato tutt’uno con tutta me stessa.» (1991).
Vista questa profonda vocazione i genitori la supportano nell’iniziare una formazione artistica a Venezia presso la scuola del pittore Alessandro Milesi, di cui fu allieva dal 1933 al 1936. Milesi è un artista di grande fama, particolarmente attivo e attento alle realtà del momento e alla pittura negli anni Trenta e proprio grazie a un ambiente così vivace e sensibile alle avanguardie Matteazzi ha l’opportunità di esercitare e sperimentare. Di Milesi ricorda lucidamente in un’intervista del 1991: «Mi insegnava a modo suo, lui era un artista e non un insegnante: dipingeva su quello che avevo fatto e mi diceva: "Se te ga oci, varda!". Mi amava come fossi stata una sua figlia o una nipotina e mi diceva: "Povera ti se te te tai quele drese!". E dopo continuava a dire: "Povera ti se te te sposi’. Tanto che quando mi fidanzai non avevo coraggio di dirglielo perché lui sosteneva che dovevo dipingere, che ero un’artista, che la mia vita doveva essere quella e non la vita di una donna normale.» (1991).
Con forse qualche parola di giudizio da parte del suo maestro, nel 1936 sposa Angelo Senin e con lui si trasferisce a Bologna, dove rimarrà, salvo per brevi periodi trascorsi a Parma e a Roma, fino alla sua morte nell’ottobre del 1995.
Mette al mondo otto figli ma il suo essere madre non le impedisce di dedicarsi con continuità all’esercizio del disegno e della pittura, sperimentando con molteplici tecniche, dal disegno a matita e a carboncino, alla pittura a olio e ad acquarello, fino all’incisione su legno e su lastra, negli ultimi anni della sua vita.
Molte sono le opere prodotte ma poche le mostre personali in cui sono state esposte, una decina sembra, soprattutto a Bologna, tra il 1956 e il 1991. La prima si tenne però a Brescia, da Chiara Fasser.
La quotidianità della casa, la sua vita privata, intimamente legata alla famiglia, al suo essere moglie e madre, sono sempre elementi di soggetto e mai di intralcio alla sua pratica artistica. Difatti è il ritratto la forma che più la attira: «Nel volto trovo quello che di più bello c’è nel creato: l’intensità di uno sguardo, la fermezza del naso, la morbidezza di un labbro, la dolcezza di una guancia o la forza di una mascella, e da tutte queste meravigliose parti traspare l’animo. È molto difficile il ritratto, lo faccio da sempre ma ogni volta temo di non farcela. Quando il lavoro è stato buono allora per un po’ sono la creatura più felice della terra. Per un po’, perché non sono mai completamente e a lungo soddisfatta di me, ed io credo solo al mio giudizio.» (1991).
La luce filtrata e il colore avvolgente dei dipinti sono ciò che restituiscono la realtà evocata e l’atmosfera sospesa e lirica propria di Emmalisa Matteazzi Senin che con le sue pennellate concepisce ed esprime la vita. Non si sente nei suoi dipinti nulla che appartenga a un’idea di dramma esistenziale, ma piuttosto una sorta di lieve malinconia familiare, condivisa e condivisibile, in cui sentirsi dunque compresi e abbracciati.
Scrive la storica dell’arte e critica Silvia Evangelisti: «quasi prolungamento dell’atmosfera intima e calda dei loro dipinti, la pittura di Emmalisa è leggerezza nel fluire di forme e di colore, come “stati d’animo”, che divengono interpretazione poetica personalissima della natura e del mondo, segnata dal riaffiorare di memorie, di immagini, di luci, di silenzi; leggerezza d’aria ed equilibrio di forme, instabile nel segno e nel colore usati con giudiziosa parsimonia, a creare una suggestione di memorie filtrate, di mondi familiari, di tempi trascorsi, di solitudini.» (2001).
La pittura di Emmalisa Matteazzi Senin si è arricchita e si è evoluta negli anni grazie alle suggestioni ricevute dall’ambiente artistico bolognese che negli anni Cinquanta era fortemente legato a una linea intimista che vedeva come maestri Alfredo Protti, Carlo Corsi e ovviamente Giorgio Morandi, gli artisti più rappresentativi del secessionismo bolognese. Ma la sua pennellata risente anche dell'influenza degli impressionisti e postimpressionisti francesi, in particolare di Bonnard e Vuillard. Tuttavia, la sua lunga vicenda artistica si è svolta per la maggior parte nel silenzio, appartata dal vivace susseguirsi delle correnti e delle avanguardie artistiche più moderne, per una maturazione discreta del suo stile tenue e suggestivo, di una pittura sensibile e vibrante di luce.
«Io sarò viva finché potrò dipingere, perché la pittura è la mia vita – disse nel 1991 – (…) Dipingere è stupendo! Ringrazio sempre Dio di avermi dato questa passione perché trovo che sia un dono senza fine, che ci accompagna tutta la vita, in tutte le nostre manifestazioni. lo sento di essere diversa dagli altri, la nostra personalità è diversa. lo rinuncio a qualsiasi cosa e mi dispiace dirlo, ma non c’è niente che mi allarghi i confini come la pittura, è una esternazione completa. Quando sono in mezzo alla gente io mi sento sola, mi sento diversa da tutti. Capisco che è un atto di superbia, ma mi sembra di non aver bisogno di nessuno, di bastare a me stessa. Ho la pittura e mi basta. Riesco a superare i momenti più brutti e più tragici perché posso dipingere. Non sento fame, rumore, sono sola, sola con i colori, lontana da tutti, anche dalle sofferenze fisiche perché non sento neppure il male. Le ore, i giorni, passano senza che me ne accorga. Sono momenti di grazia».