Luogo di nascita: Siena
Data di nascita: 23 dicembre 1887
Luogo di morte: Bologna
Data di morte: 1977
Ambito di attività: pittura
Ambito geografico di appartenenza: centro Italia (Bologna)
Qualifica: Pittrice
Periodo: XX e XXI secolo
- Bianca Calza, invito alla mostra organizzata dalla Galleria L'Ariete di Bologna, 1-14 novembre 1975
- F. Solmi, Bianca Calza (Siena 1887 - Bologna 1977), catalogo della mostra alla Chiesa del Carmine di Medicina, maggio 1980, Grafis editore, Bologna 1980
- Bianca Calza (1887-1977), invito alla mostra organizzata dalla Galleria L'Ariete di Bologna, 29 novembre - 12 dicembre 1980
- M. Pasquali, La pittura tranquilla di Bianca Calza, brochure pubblicata in occasione della mostra Museo in Banca. Opere della raccolta Lercaro, 10 giugno - 2 settembre 2000
- O. Chillè, R. Martorelli, Bianca Calza: l'ultima dei Gandolfi, catalogo della mostra al Museo Civico e Pinacoteca Aldo Borgonzoni di Medicina, 2 ottobre - 7 novembre 2021 (leggi qui)
- Bianca Calza: l'ultima dei Gandolfi, pieghevole pubblicato in occasione della mostra al Museo Civico e Pinacoteca Aldo Borgonzoni di Medicina, 2 ottobre - 7 novembre 2021 (leggi qui)
- O. Chillè, R. Martorelli, Bianca Calza ed il suo tempo. Arte e società a Bologna, conferenza in occasione della mostra al Museo Civico e Pinacoteca Aldo Borgonzoni di Medicina, 5 ottobre 2021 (leggi qui)
Bianca Calza, figlia del generale Pio Calza e della bolognese Eva Adelina Cassilde Gandolfi, nasce nel 1887 a Siena. Cresce in una famiglia borghese di origine medicinese, insieme a due sorelle: Carmela la maggiore ed Edvige la minore, quest’ultima nota per la sua carriera musicale.
Per diversi anni la sua vita è scandita dai continui spostamenti dovuti agli impegni militari del padre, che costringono la famiglia a numerosi trasferimenti, testimoniati oltre che dalle città natie delle tre sorelle – Carmela nacque a Chieti, Bianca a Siena ed Edvige ad Ancona – anche dai paesaggi e dalle vedute di città soggetto dei dipinti della stessa Bianca, veri e propri diari pittorici dei suoi viaggi.
Sin dalla giovane età, infatti, Bianca Calza si dedica all’arte mostrandosi particolarmente portata per la pittura. Inizialmente fedele allo stile classico ottocentesco, nel tempo si apre a elementi pittorici meno tradizionali, prediligendo supporti cartonati e colori a olio.
Fortemente rilevante nella storia della pittrice è la sua famiglia, contraddistinta da esempi civico-militari come il padre o il cugino, e da un’eredità artistica notevole da parte di madre. I fratelli Gandolfi, Ubaldo e Gaetano, trisavolo di Bianca, hanno infatti fortemente caratterizzato l’arte emiliana della seconda metà del ‘700, raggiungendo stima a livello nazionale e internazionale. Gaetano poi ebbe una discendenza singolare: il figlio Mauro fu disegnatore e incisore e i suoi nipoti, Democrito e Clementina, si dedicarono rispettivamente alla scultura e alla pittura. La produzione di quest’ultima fu molto fruttuosa, si dedicò a ritratti e nature morte, generi poi trattati anche da Bianca Calza. L’arte sembra quindi essere una dote comune tra i componenti della famiglia Gandolfi-Calza, la più celebre famiglia di artisti bolognese attiva dal ‘700, dote tramandata fino alle sorelle Edvige e Bianca.
Talento e versatilità sono evidenti nelle opere di Bianca Calza: il controllo della luce è magistrale così come lo sguardo lirico sulla natura e l’intimità che esprime nei suoi ritratti. Il suo privato è raccontato con sensibilità verso i dettagli e toni semplici e delicati che trasportano sulla tela lo sguardo gentile e profondo che l’artista ha sulle cose che la circondano. I colori pastello descrivono con grazia i luoghi visitati, i momenti vissuti e le persone care, ma è la casa paterna il soggetto e luogo più importante per l’artista, intimo teatro attraverso cui traspare il quotidiano della famiglia Calza.
Una famiglia raccontata anche nei tanti ritratti firmati dalla pittrice, che presenta gran parte dei suoi cari indagandone atteggiamenti e particolari unici e regalando così un’importate scorcio della vita privata e degli affetti. Ne è un esempio il Ritratto di Eva Cassilde Gandolfi, tra le opere donate alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna dalla stessa pittrice, presentata in una lettera datata 18 giugno 1966 (oggi conservata al MAMbo di Bologna), indirizzata al Sindaco della città, in cui scrive: «Mi rivolgo alla S.V. avendo intenzione di offrire una donazione alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna un ritratto di mia Madre Eva Gandolfi Calza da me eseguito nel 1918: quadro in olio delle dimensioni di 60x50. Essendo consigliata da persone competenti presento questo ritratto con la fiducia che possa essere accettato e nello stesso tempo mi sia data l’assicurazione che appena si presenti la possibilità venga esposto nella suddetta Galleria. Avrei intenzione di offrire anche uno o due studi di paesaggio per dare un saggio, sia pure in modo molto limitato, della mia attività». Nello stesso scritto inserisce, proprio sul nome della madre, una nota a piè di pagina in cui specifica: «Discendente della famiglia dei pittori Gandolfi - Gaetano Ganfoldi era suo bisavolo». Da notare la volontà di esplicitare la discendenza della celebre famiglia di artisti a sottolineare la lunga linea artistica ereditata dalla parte materna. Il ritratto colpì Francesco Arcangeli, allora Direttore della stessa Galleria, che scrisse: «D’accordo con la Sottocommissione di Acquisto, ritengo che il dono proposto dalla pittrice Bianca Calza sia da accettarsi, e per la dignitosa qualità del ritratto della Madre, e per la freschezza di quegli studi di paesaggio cui la Calza accenna esprimo questo giudizio per aver visto direttamente tali opere nello studio dell’artista e non disdice nemmeno il fatto che essa sia l’ultima [...] del ceppo illustre della famiglia Gandolfi.» (1966). Le vicende di queste tre opere andarono tuttavia diversamente, come racconta amareggiata la stessa pittrice in una lettera ad Athos Bellettini: «in una mostra che ha avuto esito buono per il consenso di persone competenti e del pubblico, debbo però rammaricarmi di essere venuta a conoscenza che il ritratto e i due paesaggi da me offerti in donazione a suddetta Galleria si trovano in un Ufficio del Palazzo Comunale, quindi completamente allontanati dalla sede fissata. Tanto io che mia sorella ci siamo private del ritratto di nostra Madre avendo avuta assicurazione che sarebbe stato esposto nella Galleria d’Arte Moderna appena fosse stato possibile. Essendo Bologna luogo di nascita di nostra Madre e della famiglia Gandolfi questa Galleria è da noi preferita a qualsiasi altra. Spero lei possa rassicurarmi in proposito e le porgo distinti saluti.» (1970). Allo scritto allega poi una nota dell’aprile dello stesso anno, firmata da Luciano Bertacchini e trasmessa dalla Radio nel Gazzettino dell’Emilia e Romagna, che dichiara: «Dopo un lungo periodo di silenzio, la pittrice bolognese Bianca Calza, riprende contatto con il pubblico. Poco più di una ventina di opere scelte nei diversi periodi d’attività e, sulle pareti del “Collezionista”, l’intimo, poetico colloquio di volti, oggetti, fiori, paesaggi. Nobilissimo il ritratto della madre eseguito negli anni giovanili dell’artista (ora proprietà della Galleria d’Arte Moderna di Bologna), sapienti e carichi di vivacità espressiva, le naturalistiche visioni di un mondo che può ora sembrarci sempre più lontano. Ancora riproposte con felicità cromatica, con finezza esecutiva, le immagini di un recente itinerario percorso da Bianca Calza, con semplicità, con immutato candore».
Nel novembre 1975 la Galleria L'Ariete di Bologna ospita una sua personale e qualche anno dopo la sua morte Franco Solmi e Marilena Pasquali la omaggiano con una mostra nella ex Chiesa del Carmine di Medicina. In questa occasione è pubblicato un catalogo, il primo a dare luce al lavoro dell’artista.
Nel suo testo Solmi colloca la prima formazione della pittrice nella Milano del Novecento, in un ambiente artistico influenzato da Filippo Carcano. Dopo il suo trasferimento a Bologna Bianca Calza aderisce – come riporta sempre Solmi – alle nuove istanze dei pittori locali Alfredo Protti, Carlo Corsi, Guglielmo Pizzirani, Giovanni Romagnoli e Garzia Fioresi. In questo clima ricco si forma Calza che raramente mostrerà la sua arte, lasciando all’ammirazione di pochi amici e familiari le sue tele intimistiche. Forse per questo la sua partecipazione ai dibattiti e alle vicende dei “gruppi” che si formarono a Bologna tra le due guerre sono mancanti. Tuttavia, Bianca Calza sente e vive il fermento del capoluogo emiliano che in questi primi anni del secolo naviga tra le avanguardie, pur rimanendo, per certi versi, ancorata alla tradizione accademica. La pittrice però non si smentisce, e mantiene la sua riservatezza: «Un pudore che sconfina quasi nella modestia», come ha scritto Pasquali (1991).
Bianca Calza continuerà per tutta la sua vita a dipingere i consueti generi pittorici e la sua attività artistica sarà il riflesso della sua più sincera personalità. Le numerose opere, alcune delle quali donate alla città di Bologna dalla sorella Edvige e dalla stessa artista, mostrano un abile uso del pennello, atmosfere sospese dal sapore di casa e una vita vissuta con sensibilità e delicatezza.
Dal 1977 riposa nel Cimitero della Certosa di Bologna, nella tomba monumentale di Gaetano Gandolfi, dove un’epigrafe la ricorda come «pittrice insigne».
Nel 2021 il Comune di Medicina le ha dedicato una mostra personale, grazie alle opere donate nel 2014 dai suoi eredi alla comunità medicinese: «Un’occasione per riscoprire il talento di questa artista di inizio Novecento che realizzò ritratti, paesaggi e nature morte mostrando la propensione per l’arte ereditata dai suoi celebri antenati pittori, alimentata dalla continua evoluzione della cultura del suo tempo, da lei indagata mediante lo sguardo intimista di una donna che racconta la propria vita attraverso le opere».