Benaim Camilla

Varianti del nome: Camilla Supino Benaim

 

Luogo di nascita: Firenze

 

Data di nascita: 7 dicembre 1904

 

Luogo di morte: Firenze

 

Data di morte: 11 dicembre 1996

 

Ambito di attività: pittura

 

Ambito geografico di appartenenza: centro Italia (Firenze)


Qualifica: Pittrice

 

Periodo: XX e XXI secolo

 

 
 
Bibliografia

- E. Rosselli Benaim, Le otto fiaccole d'oro. Racconti per ragazzi, illustrati da Camilla Benaim, Cassuto e Amati, Firenze- Israel 1931

- F. Carena, E. Vittorini, pieghevole pubblicato in occasione della mostra alla Galleria Sabatello di Roma, 6-19 maggio 1933

- S. Evangelisti, E. Riccomini, Camilla. Dipinti, catalogo della mostra alla Galleria Iterarte di Bologna, 13-23 marzo 1993, con note critiche di Elio Vittorino e Vittorio Anceschi, Editrice Grafica L’Etruria, Bologna 1993

- M. Baiardi, Memorie di guerra e di persecuzione: tre generazioni a confronto (Firenze 1943-1944), Edizioni dell'Assemblea, Firenze 2012 (leggi qui)

- M. Baiardi, Donne in guerra scrivono. Generazioni a confronto tra persecuzioni razziali e Resistenza (1943-1944), Aska Edizioni, Firenze 2018

 
Biografia

Camilla Benaim nasce nel 1904 in una famiglia della borghesia ebraica fiorentina, di solide tradizioni antifasciste, imparentata anche con i Rosselli. La madre, Elisa Rosselli, era una nota scrittrice di libri per l'infanzia negli anni Trenta, suonava il pianoforte, cantava e dipingeva – era stata infatti allieva di Vittorio Corcos, famoso ritrattista toscano.

Anche Camilla è particolarmente portata per le arti e da giovanissima segue i corsi dei pittori Cesare Ciani e Filippo Marfori Savini, che nel 1916 aveva fondato a Firenze l’Accademia Internazionale di pittura e incisione. Frequenta poi la Scuola libera di nudo di Bologna e dal 1930 partecipa a rilevanti personali e collettive. Ebbe «una vita pittorica lunga e felice», scrivono i curatori Eugenio Riccomini e Silvia Evangelisti nel 1993, in occasione della mostra “Camilla. Dipinti” alla Galleria Iterarte di Bologna. Si diletta altresì con la scrittura, pratica che però manterrà più privata.

Nel 1934 sposa Giulio Supino e per l’incarico di insegnamento universitario di lui, presso la facoltà di ingegneria, si trasferiscono a Bologna, dove rimangono fino al 1943, rifiutandosi di trasferirsi in Inghilterra. Supino infatti è politicamente esposto essendo militante del Partito d’azione e tra il ‘43 e il ‘44 è impegnato, malgrado la duplice persecuzione di cui è vittima, a tenere i collegamenti tra gli azionisti bolognesi e quelli fiorentini. Negli stessi anni Camilla Benaim tiene con cura e dedizione un diario dove racconta «il loro ruolo nella resistenza civile, la centralità del quotidiano, la disposizione alla cura e alla tutela degli affetti, l’importanza delle reti di relazioni, le alterazioni nei rapporti fra uomini e donne, il continuo attraversamento dei confini fra sfera pubblica e sfera privata, favorito dalla stessa collocazione delle donne in spazi informali della società.» (Salviati, 2000).

Con l’aggravarsi della situazione e per proteggersi dalle persecuzioni razziali, la coppia si nasconde a Firenze, in clandestinità, dove la minaccia è comunque feroce in quanto il capo della provincia aveva reso le persecuzioni antiebraiche uno degli aspetti centrali della propria azione politica e istituzionale.

Dalla lettura del manoscritto autografo, intitolato dalla stessa Benaim “Diario 43-44”, si coglie quanto la violenza delle persecuzioni si abbatté sulla famiglia Benaim-Supino, quando a partire dall’8 settembre 1943 tutti gli ebrei e le ebree, indipendentemente da osservanza e fedeltà alla religione, furono in pericolo. I Benaim-Supino fortunatamente non subirono gravi conseguenze, anche grazie alla rete di relazioni sicure, ai mezzi economici di cui disponevano e, almeno in parte, alla stessa partecipazione di Giulio Supino alla Resistenza, che se da un lato rappresentò indubbiamente un aumento del rischio, dall’altro rese accessibili informazioni aggiornate e contatti affidabili.

Le settanta facciate scritte da Camilla Benaim, oggi di proprietà della figlia Valentina e riportate fedelmente nel libro di Marta Baiardi, “Memorie di guerra e di persecuzione: tre generazioni a confronto”, sono composte fittamente con grafia abbastanza regolare e un dettato che occupa quasi sempre tutto lo spazio disponibile dei fogli, dimostrazione di un’urgenza importante di Camilla Benaim verso la narrazione di quei giorni. Ulteriore prova di quanto questa necessità fu intima e altrettanto riservata è il fatto che il diario non fu pubblicato dall’autrice in vita, piuttosto è rimasto in un cassetto della sua casa bolognese fino alla sua morte avvenuta nel 1996, a novantadue anni. La figlia Valentina sostiene che in casa nessuno sapeva dell’esistenza di questo diario, che infine lei stessa fortunatamente rinvenne nel 2000 traslocando le cose della madre a Firenze.

Se da un lato Camilla Benaim aveva coltivato per molto la scrittura – pare si cimentasse anche con racconti che a ottant’anni, pubblicò in parte, in forma anonima su “Milleidee” – non abbandonò di certo la pittura. Dipinse per tutta la vita ed espose fino alla fine. L’ultima sua uscita, prima di ricoverarsi in ospedale già molto anziana e assai malata, fu proprio per andare al vernissage di una sua mostra al Cabaret Voltaire di Bologna.

L’artista visse fino alla fine a Bologna, lontana dall’unica figlia e dai nipoti ma sempre circondata da tante amiche e in mezzo a una ricca rete di relazioni e di impegni, come aveva sempre fatto.