La prevenzione del dissesto idrogeologico rappresenta uno dei principali temi nelle agende di chi opera scelte per il territorio. Nell'ambito dell'Appennino il problema è amplificato a causa dei chiari fattori naturali che predispongono il territorio montano a frane e dissesti idrogeologici. Tra questi rientra la particolare conformazione geologica e geomorfologica, in quanto l'Appennino nel suo complesso è costituito per almeno i 2/3 della sua superficie da rocce argillose, altamente predisposte allo sviluppo di fenomeni di instabilità, indotti ed aggravati dagli effetti del repentino cambiamento climatico in atto, che si manifesta sempre più con eventi cruenti, più frequenti ed imprevedibili e che rende necessaria una strategia complessiva di mitigazione e di adattamento che preservi i vasti ambiti territoriali soggetti a tali fenomeni da danni anche maggiori nel futuro.
Garantire la sicurezza idrogeologica del territorio, dei centri abitati e delle infrastrutture è una condizione indispensabile per sfruttare al massimo le opportunità rappresentate dal territorio montano e favorire la permanenza delle persone e delle attività esistenti, il ripopolamento e l’utilizzo da parte dei potenziali fruitori. Non c’è dubbio infatti che negli ambiti territoriali più instabili è più complicato e costoso salvaguardare i centri edificati oltrechè realizzare e mantenere in esercizio le infrastrutture, in particolare quelle di trasporto.
Per potere perseguire questi obiettivi, la cura preventiva del territorio deve diventare la politica ordinaria di intervento, modificando strutturalmente la prassi comune di riparare i danni dopo che gli eventi calamitosi si siano verificati, nell’ottica di quello che viene definito come approccio proattivo al governo e alla sicurezza del territorio.
Tutto ciò anche in considerazione del fatto che è ormai diventato patrimonio comune il concetto che la manutenzione del territorio non costituisce un costo ma al contrario è un investimento che, in generale, è in grado di generare anche ritorni di tipo economico.
Il ritorno economico degli investimenti riguardanti la cura del territorio deve necessariamente avvenire anche attraverso una adeguata e consapevole valorizzazione economica delle funzioni ecosistemiche che lo stesso territorio montano svolge nei confronti degli altri ambiti territoriali, in relazione alla bellezza dei paesaggi, alla biodiversità, all’aria pulita, alle acque e alle foreste.
Viene definita, infatti, funzione ecosistemica, secondo la più ampia e approfondita sistematizzazione delle conoscenze sino ad oggi acquisite sullo stato degli ecosistemi prodotta nel 2005 dal Millennium Ecosystem Assessment, la capacità dei processi e dei componenti naturali di fornire beni e servizi che soddisfino, direttamente o indirettamente, le necessità dell’uomo e garantiscano la vita di tutte le specie.
Ciò in quanto negli ultimi 50 anni l'uomo ha modificato gli ecosistemi con una velocità e una forza che non si erano mai osservate in periodi precedenti; le cause principali sono state la crescente necessità di cibo, acqua dolce, legname, fibre e fonti energetiche. Questo impatto sta provocando una perdita irreversibile di biodiversità in tutto il pianeta e in particolare, è stato valutato che il 60% dei servizi ecosistemici del pianeta siano stati compromessi.
Pertanto è chiaramente divenuta fondamentale l’integrazione del concetto di funzioni e servizi ecosistemici nelle decisioni di gestione e pianificazione del territorio, affinché gli amministratori locali possano controllare le pressioni che minacciano l’ecosistema e la loro funzionalità, migliorarne l’efficacia e “costruire” un modello di governance che si basi su strumenti che riconoscano il valore e il conseguente pagamento per i servizi ecosistemici.
Anche se si tratta di un approccio innovativo è utile evidenziare alcune forme di pagamento per i servizi ecosistemici già oggi disponibili in quanto previste da specifiche norme:
L’Accordo di programma firmato il 16 settembre 2017 dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, dal sindaco metropolitano Virginio Merola e dal presidente della Regione Stefano Bonaccini finanzia interventi per contrastare e prevenire il dissesto idrogeologico, per complessivi 2 milioni di euro, nelle Unioni Appennino bolognese, Savena Idice e Samoggia/Reno/Lavino.
La tutela e la valorizzazione dei territori gestiti attraverso le diverse forme di protezione (Parchi, Riserve e siti della Rete natura 2000) rappresentano la modalità adeguata per assicurare la protezione e lo sviluppo della biodiversità del complesso degli ecosistemi collinari e montani. Tutto ciò anche in considerazione del fatto che tali ecosistemi hanno una impronta antropica, legata ad oltre tre millenni di forme di gestione più o meno evolute indotte dalla presenza dell’uomo. La naturale evoluzione del sistema delle tutele passa necessariamente attraverso una valorizzazione di questo patrimonio collettivo che identifichi la montagna come uno dei fattori di traino per un nuovo modello di sviluppo, sostenibile e duraturo che sia anche in grado di fornire una adeguata resilienza rispetto agli effetti del cambiamento climatico.